Opere di Paolo Lopane

 Lettere dal Ténéré 

 

 

"Il vero viaggio di scoperta", ha scritto Marcel Proust, "non consiste nel cercare nuove terre, ma nell'avere nuovi occhi". Ma il viaggio è metafora dell'esistenza, e la sua vera scoperta, pare dirci il protagonista di questo splendido racconto, Adrien, necessita di ben altri occhi: gli occhi dello spirito: i soli che possano contemplare i panorami dell'anima e sondarne, intrepidi, gli abissi; guardare alle sue ombre e ritrovarne infine la Luce. Ricerca del proprio sé, che è ricerca del sé nell'altro, l'iniziatico viaggio di Adrien è innanzitutto un percorso di risveglio spirituale, un percorso di rigenerazione nel grembo oscuro di un'umanità dolente, smarrita, prigioniera dei propri asfittici orizzonti, dimentica delle proprie latitudini celesti; ma è, insieme, un viaggio ed un volo nuziale, una toccante storia d'amore che si snoda nel tempo e nello spazio e destinata a vivere oltre il tempo ed oltre lo spazio. 

 

I Templari. Storia e leggenda 

Il 13 ottobre 1307 vennero arrestati in massa i Templari di Francia. Fu il primo atto del sommario processo che decretò la fine del più potente degli Ordini cavallereschi, quello che più di ogni altro incarnò l'idealità delle Crociate e la spiritualità del Medioevo. Sottratti all'autorità dei vescovi, obbedienti solo alla Santa Sede, i Templari godettero di grande autonomia e straordinario prestigio. Fu la loro immensa ricchezza a spingere Filippo IV di Francia, sovrano avido e privo di scrupoli, a costruire il castello accusatorio che farà degli eroi della Terrasanta dei "terribili nemici della fede e della società". 

Il saggio, agile e intenso, ricostruisce la parabola del Tempio e, con essa, la genesi del suo ideale mistico-cavalleresco. 

Vedi anche:  “I Templari. Storia e leggenda” - di Gino Leonardo Di Mitri 

 

Dal Velo d'Iside al mistero del Graal. 

Il risveglio della gnosi nella Francia albigese 

 

Ramificazione occitana del movimento cataro, l'eresia albigese fu la più importante delle eresie medievali. Il suo massimalismo etico, il suo tragico dualismo, la sua lettura gnostica del dettato evangelico rappresentarono, per la Chiesa di Roma, il pericolo più grande prima della predicazione di Martin Lutero. Minacciata nella sua struttura di potere, la Chiesa mobilitò contro la Linguadoca eretica la predicazione domenicana, la macchina dell'Inquisizione, gli interessi politici della Corona di Francia ed interi eserciti di avventurieri e di fanatici. Per più di trent'anni, dal 1209 fino quasi alla metà del XIII secolo, una terribile crociata devastò la terra occitana. 

Trasformatasi in pura e semplice guerra di conquista, la Crociata contro gli Albigesi spezzò, con l'eresia, la dorsale stessa della civiltà cortese, soffocandone le radici e l'irripetibile cultura. 

L'autore, con accuratezza ed uso sapiente delle fonti, ha ricostruito il clima e le tensioni di quegli anni, in un'appassionata indagine che, cogliendo il senso profondo delle dispute dottrinali che opposero i Catari alla Chiesa di Roma, conferisce alla "questione albigese" un rilievo metastorico che scavalca le contingenze politico-religiose per acquisire valore universale. 

 

I Catari. Dai roghi di Colonia all'eccidio di Montségur 

Alla metà del XII secolo, una Chiesa dilaniata dallo scisma d'Oriente vide profilarsi una nuova e minacciosa insidia alla propria coesione interna: il catarismo, la grande eresia venuta dall'Est. Eredi di una prospettiva gnostica ferocemente avversata già dai primi imperatori cristiani, i Catari, combattuti "con il ferro e con il fuoco", professavano dottrine eterodosse che minavano alle fondamenta il potere di Roma. "Bulgri", furono definiti con disprezzo nelle Gallie; "Bulgari", per le loro tenaci radici balcaniche. Ma la parola "Catari" significava "puri", e non vi sarebbe stata, forse, denominazione più adatta a caratterizzare un movimento spirituale che dell'assoluto rigore morale aveva fatto un'inconfondibile bandiera. 

Riconsegnando il capitolo cataro alla Storia, il saggio ricompone in un suggestivo affresco luci ed ombre di quest'appassionante epopea. 

 

Hrand Nazariantz. Fedele d'amore 

"Nazariantz non specula: ama. E il suo amore è elevazione, è rivelazione, è sintesi di umano e divino, di vita e di eternità." Così inizia questo importante lavoro a cura di Paolo Lopane con introduzione dell'armenista Boghos Levon Zekiyan dell'Università Ca' Foscari di Venezia e l'intervento prezioso di studiosi ed amanti della storia e cultura armena. A 50 anni dalla sua morte un prezioso lavoro di approfondimento storico-culturale sull'intramontabile e carismatica figura dell'esule in terra di Bari, Hrand Nazariantz, con lettere e poesie totalmente inedite e fotografie. 

Il saggio ha vinto la XXIX edizione (2013) del Premio Internazionale di Poesia e Letteratura "Nuove Lettere" (XIV Sez., Saggi editi). 

 

Insediamenti cavallereschi in Puglia. 

Templari, teutonici, ospitalieri. 

 

Innervata dalle antiche strade romane e dotata di grandi porti che costituivano il naturale punto d’imbarco per le rotte commerciali levantine e per il passagium in Terrasanta, la Puglia era letteralmente avvinta dalla rete delle fondazioni cavalleresche. Edificate all’interno delle mura cittadine o ubicate extra moenia – nella forma, perlopiù, della grangia, il tipico insediamento rurale degli Ordini religiosi  –, le loro precettorie erano solitamente dotate di cappelle, armerie, magazzini, foresterie e quant’altro servisse all’adempimento dei propri còmpiti di polizia viaria e di presidio dei Luoghi Santi. Per secoli, il mantello crociato dei monaci-soldati si dispiegò protettivo sul mondo in marcia dei “viandanti di Dio”, sui basolati delle strade romane, sui verdeggianti solchi delle antiche lame, ovunque scorresse la fiumana di uomini che nell’esperienza del pellegrinaggio, nel graduale conseguimento delle sue tappe, nelle sue emozionanti scoperte e nelle sue inevitabili prove, sofferenze e sacrifici,  avvertivano oscuramente la parabola stessa dell’esistenza, del lungo e tormentato cammino verso il centro di se stessi. Non furono, però, solo uomini e merci a transitare in quei secoli sulle antiche strade di Puglia. Terra di frontiera o, piuttosto, ponte sospeso fra Oriente ed Occidente, le sue lastricate vie si fecero veicolo di scambi e sincretismi culturali le cui mirabili tracce, scolpite nella pietra, continuano a sfidare i secoli e le incurie della memoria.